martedì 28 marzo 2006

Delusa

Era seduta accanto a me alla mensa. Io avevo avvertito la presenza di qualcuno, ma non mi ero neanche voltata. E' stata lei a chiamarmi. Non ci vedevamo da anni. Per mia scelta. Tempo fa avevo reputato inutile la sua compagnia e l'avevo allontanata praticamente senza una spiegazione.
A dir la verità questo mio comportamento mi è sempre parso troppo razionale rispetto a come sono io, ma non ho fatto niente per cambiare le cose.
Oggi mi sono sentita una stronza: stavo sulle mie e le rispondevo quasi a monosillabi. Lei invece non era affatto arrabbiata con me, sorrideva, mi ha anche proposto di rivederci.
Non ho raccolto. Stronza fino in fondo. Quando ci siamo salutate invece del classico "Ci si vede" o "A presto", l'ho ringraziata della compagnia e ho girato le spalle.
Potevo fare di più. Potevo far di meglio.

lunedì 13 marzo 2006

Primavera?

Nel dormiveglia della mattina prestissimo mi sono trovata a sorridere: dalla finestra aperta entrava il cinguettio di un uccellino, un suono allegro, una musica naturale. E' quasi primavera seddiovole, mi sono detta. Ma invece oggi è quasi nevicato.
Ricanterà domattina quell'uccellino? Beh, io la finestra la lascio aperta...

giovedì 2 marzo 2006

Lacrime inopportune

Vi devo raccontare una cosa. Non sono riuscita a dirla a nessuno, ma forse scriverla mi farà bene.
Per la prima volta in venti anni che lavoro in ospedale mi sono messa a piangere, sono letteralmente scoppiata in lacrime davanti a un paziente.
Lui sta morendo e ne è perfettamente cosciente. Le sue condizioni fisiche sono estenuanti: non funziona più nulla. Mi sono affacciata sulla porta della sua camera; mi ha guardata; sono entrata, gli ho chiesto -Come va?- ha socchiuso gli occhi e poi mi ha domandato quanto, uno nelle sue condizioni, può andare avanti. Ha fatto insomma una domanda indiretta, forse per una residua, minuscola incredulità. Gli ho risposto che nessuno lo può sapere, che non esistono regole, che di varianti ancora ce ne sono.
Armeggiavo tra pompe e flebo per darmi un contegno, per rimandare quanto sapevo sarebbe successo, poi infatti l'ho guardato e addio, giù a piangare.
Mi sono sentita così stupida, inutile, perfino dannosa. Ma come? Invece di aiutarlo, di confortarlo, di sorridere, piango. Io, mica lui, io! Mi ha anche preso la mano, poverino, per consolarmi.
E ora sono qui a cercare di capire che cavolo m'è preso. Cosa c'è di diverso stavolta. In fondo si tratta della morte. Nient'altro che della morte.